Prima di bruciare vivo il geniale e profondo Vanini, gli strapparono la lingua, perché egli, con essa, aveva bestemmiato Dio. Confesso che, quando leggo simili cose, mi vien voglia di bestemmiare questo Dio.
Arthur Schopenhauer

giovedì 17 novembre 2011

L'utilità (presunta) dei blog e la sconfitta autoinflitta preventivamente (ma neanche tanto)


Si dice che, periodicamente, sia opportuno fermarsi per fare un resoconto del tragitto percorso sino ad un dato momento della vita, scandagliare, analizzare, valutare la validità di ciò che si ha prodotto (ammesso che qualcosa sia stato prodotto). Concordo? Non esattamente. È vero che, così facendo, creiamo l'occasione per saldare le faccende rimaste in sospeso, rispolverare bei ricordi o – perché no? - compiacerci dell'esito positivo di un intento che c'eravamo preposti; altrettanto vero è che potremmo pericolosamente scoprire di essere risultati l'artificio di una cattiva esistenza, la cristallizzazione di una volontà incerta ed inespressa, l'elucubrazione di un pensiero mediocre rimasto a metà tra la computazione e la manifestazione dello stesso in quanto fenomeno. Il quasi compimento parzialmente malriuscito di un mezzo coito semivirtuale. Tra l'altro, la percezione del negativo gode di mole preponderante, quindi il rischio di essere disgustati da ciò che si è stati non è proporzionabile coi volti distesi delle ore migliori.
Se si verifica la prima delle ipotesi, non siamo ancora genii, ma ce la caviamo benissimo; nel secondo caso c'è l'ampia possibilità che lo sgomento prevarichi sulla nostra volontà esercitando un'influenza negativa che, coadiuvata dalla costante distrazione che la circostanza per forza di cose verrà a creare, ci farà convivere con la paura del fallimento che inevitabilmente comprometterà ogni nostra attività.
«E adesso? Come posso, adesso, andare avanti ignorando quanto ho visto?»
È impossibile ignorarlo, infatti. Quando un seme malato si installa nel complesso meccanismo della mente, non c'è modo di neutralizzarlo: possiamo solo indebolirlo e tentare di tenerne sotto controllo lo sviluppo. (Inception non c'entra una fava, inoltre mi ha fatto quasi del tutto cacare!)

Seguendo questa logica, qualche tempo fa ho dato una scorsa al blog per valutare, appunto, quanto scritto negli ultimi due anni; con sgradevole ridestare, ho ricordato quali erano le intenzioni che mi ero imposto di seguire, quando lo creai, e mi sono reso conto di non averle rispettate. Il che non è male, perché è giusto evolversi e cambiare idea, seguire il flusso dettato da circostanze che mai potranno essere universali od immutabili, altrimenti i peggiori errori non avrebbero mai modo di esser corretti; dunque in futuro potrei anche cambiare idea e decidere che la coerenza sia il primo dei valori nella scala, che cambiare idea sia sintomo di falsità, se non malafede. Il problema (lo definisco così perché circoscritto in questo ambito) è che se in principio esponevo il mio punto di vista su alcuni temi – talvolta anche superficiali o del tutto irrilevanti –, col tempo sono arrivato a pubblicare quasi esclusivamente recensioni musicali (qualche libro, qualche film) tralasciando qualsiasi altro argomento arrivando dunque a proporre qualcosa di estremamente impersonale, in definitiva ciò che non volevo.
Ciò constatato, è sorta la domanda: a cosa serve, allora, il blog? A fare pubblicità? (Infatti gli spammers vanno ghiotti della casella c-box, ormai monopolizzata). Ad inserire qualche immagine fica per sobillare gli ospiti casuali?
È anche lecito, a questo punto, fare il confronto con gli altri blog, per lo più fondati sulla diffusione di foto rappresentanti esemplari di passera non-volatile, sulla condivisione di argomenti di stampo intimo e personale (non scomodiamo la parola outing, ché anche questo fenomeno possono concederselo in pochi) con sconosciuti a cui di questo nulla può interessare, sulla pubblicazione di racconti, poesie, pezzi di satira, disegni di produzione propria con la coraggiosa speranza di trovare assenso o magari solo per fare un sacrosanto tentativo di pubblicizzarsi, sulla pubblicazione di articoli giornalistici di controinformazione (alcuni dei quali risultano indispensabili per restare informati, vista la qualità risibile del lavoro dei mass media e dell'ufficialità). La mia mira iniziale rientrava, marginalmente, nella terza categoria; avrei voluto offrire qualcosa che facesse ridere e pensare, ma solo per celare la reale concezione del mio blog: il mero esercizio (tale scritto, in fondo in fondo, ne è parte integrante).

Ciò che anzitutto ho fatto, è stato tenere un occhio di riguardo per quella nota inserita nella colonna laterale, qua in alto a destra, perché sono nessuno e non ha senso che io parli degli eventi immensi che si susseguono: non sarebbe che un copia/incolla o un remiscelare delle parole altrui. Aggiungiamo le “nuove” intenzioni della SIAE (spero non mi chiedano soldi per aver scritto SIAE – cazzo, l'ho fatto due volte!!!), aggiungiamo le ulteriori restrizioni che a breve saranno esercitate sulla libertà di opinione, aggiungiamo che se devo stare attento a cosa dico preferisco tacere, ed ecco che mi ritiro per scelta, in parte anche indotta, anticipando i tempi. Tanto, seguendo questa indecente logica, non mi sono mai sbizzarrito e questo blog mi faceva cagare già da parecchio tempo. Ne consegue la cancellazione di tutti gli articoli precedenti appena queste nuove “norme” entreranno in atto, forse con qualche eccezione, tenendo solo questo pezzo come chiusura. Non aggiornerò più, se dovessi farlo, lo farò in maniera ancora più stupida (dettata solo dal mio bisogno di scrivere, siano cazzate o meno) e comunque ad un altro indirizzo. Questa è la mia lapide, lo stendardo che ho perso durante la diserzione dal campo di battaglia. «Il mio progetto: CEDERE PER PRIMO», tanto per citare il buon Zamboni.
Più che abbandonare il mio, molto più mi duole la prevedibile chiusura dei molti blog che ad oggi seguo, questi sì utili.
Tuttavia nessuna lotta mi accende, questo non è un focolaio, solo un mandarvi TUTTI a fanculo, mettendo anche ME “dentro” TUTTI, perché ciò che è accaduto, ciò che accade, ma soprattutto ciò che accadrà, è responsabilità NOSTRA, siamo stati NOI a concederlo, e voltare lo sguardo o continuare a cercare un capro espiatorio è la conferma e l'ostentazione della NOSTRA vigliaccheria. Qualcuno dovrà pur fermarci, un giorno o l'altro, perché NOI, da soli, NON lo faremo mai. Questo è certo.

Ribadisco:
FANCULO A NOI TUTTI, ce la siamo cercata.

Fine,
(quello che fino ad ora si è firmato) LoMerz.


P.S. Tanto per chiudere con una canzone, lascio il link, piuttosto di “embeddare” il video, con buona pace della gestapo dei diritti d'autore. Cliccare QUÌ

venerdì 30 settembre 2011

In breve #11 - La chiave di ricerca



Caro lettore anonimo, non so come tu sia arrivato a me, ma hai vinto.
P.s. Se lo scopri, fammelo sapere. Ormai mi hai incuriosito...

domenica 25 settembre 2011

In breve #10 - Sulla differenza fra un sorriso e una risata [cit.]

Il fatto
Ieri un Folle ha sparato dei colpi di fucile ad aria compressa durante la messa del santo padre.
Si sa, ormai, che i folli tirano statuette a Berlusconi, strattonano il papa facendolo cadere, insultano ed aggrediscono le forze dell'ordine.
Ora, voglio solo mettere i puntini sulle I e chiarire chi sono i Normali. Segue una raccolta fotografica dei già citati.



Scusate, qualcuno sa dirmi il costo di un buon fucile ad aria compressa?

martedì 16 agosto 2011

La lotta delle creature imperfette contro divinità inclini al fallimento


Nella recente storia ci fu un singolare episodio di cui l'umanità fu testimone e lasciò documentazioni, come a voler garantire un riscontro futuro che convalidasse con prove scritte la veridicità che un semplice racconto tramandato oralmente avrebbe potuto non avere. Da quanto insolito fosse stato un simile evento, gli fu conferito persino un appellativo: l'anno senza estate.
Nell'inverno tra il 1815 e il 1816, pur rigido nelle zone maggiormente interessate dalla seguente irregolarità, non furono registrate anomalie degne di nota; con l'avvento della primavera, i ghiacci cominciarono a sciogliersi e le piogge sostituirono le nevicate che per mesi avevano intirizzito gli appezzamenti secondo i processi naturali, ma proprio quando l'allungarsi delle giornate iniziò a favorire l'innalzamento delle temperature, che avrebbe garantito il consueto raccolto (il quale ancora sanciva una determinante fonte economica dell'epoca), avvenne l'inaspettato: nei primi giorni di giugno, in tutto il Nord Europa e nell'America settentrionale, l'inverno sembrò ridestarsi bruscamente abbattendo su queste zone inarrestabili piogge e venti furiosi. In questo inverno acerbamente redivivo, nuove gelate e tempeste di neve distrussero i germogli dei nascenti frutti e le coltivazioni dei contadini, per giunta depauperati dalla conseguente morte del bestiame; le temperature, che variavano da un massimo di cinque gradi diurni fino a scendere sotto lo zero durante la notte, favorirono, invece, il diffondersi di malattie respiratorie e gastrointestinali fino a provocare un'emergenza sanitaria cui imperversò soprattutto tra Asia e Medio Oriente in una pandemia colerica. Ad un'iniziale situazione di stupore collettivo – vanificato a distanza di molti lustri, quando si cominciò a comprendere che le eruzioni vulcaniche del Soufrière (Isola di Saint Vincent, Caraibi, 1812), del Mayon (Filippine, 1814) e del Tambora (Isola di Sumbawa, Indonesia, 1815), le cui ceneri addensatesi nell'aria avevano ridotto notevolmente il passaggio dei raggi solari, furono la causa delle anomalie climatiche riscontrate –, seguì una crisi economica che, nelle cittadine maggiormente colpite, riunì nelle strade gruppi di rivoltosi mossi da una furente fame.

Tutt'altre, invece, furono le preoccupazioni che, nell'estate di quello stesso anno, intricarono quattro vacanzieri stazionatisi in Svizzera: Lord George G. Byron e il suo segretario John W. Polidori, Percy B. Shelley e la futura moglie, già madre per la seconda volta, Mary W. Godwin. Dopo aver stretto amicizia, i quattro, annoiati da una «estate umida e sgradevole» e sobillati dalla letteratura gotica della quale in villa Diodati, presso Ginevra, furono avidi fruitori, iniziarono tra loro una sorta di sfida a chi creasse la storia più terrificante. Da questo gioco tra letterati furono originate due creature, innovative ed archetipiche, che a distanza di due secoli conservano ancora una certa popolarità: Byron redasse The Burial, storia successivamente edita col titolo A Fragment e ripresa nel 1819 da Polidori nel racconto The Vampire; la Godwin, meglio conosciuta come Mary Shelley (nome acquisito dal coniuge), creò le vicende relative al mostro di Frankenstein. Proprio quest'ultimo, nonostante la stesura dallo stile incerto – poi rivisto nella terza edizione edita nel 1831 –, fu un soggetto rivoluzionario mediante cui l'autrice introdusse argomenti inediti ispirata sia dalle importanti novità a cui la scienza stava approcciando, sia dalla propria acutezza innescata da letture quali Lost Paradise di John Milton, le teorie di Erasmus Darwin (precursore dell'evoluzionismo diffuso dal nipote Charles), il pensiero fortemente libertario del padre William Godwin e, come palesò già nel sottotitolo, il mito di Prometeo. Non si deve però dimenticare che nel 1816 siamo nella piena ispirazione del Romanticismo (fine XVIII-inizio XIX sec.) che, contrapponendosi al metodo eccessivamente analitico ed asettico nei confronti del mondo dell'idea illuminista, resta “vittima” delle proprie passioni senza reticenze; ma non solo, perché vede nel mondo, nella natura quasi una minaccia incombente poiché, da un momento all'altro, essa può annientare con la violenza degli agenti atmosferici la civiltà che con tanta fatica l'uomo ha eretto. Tuttavia, l'idea romantica di radice mitteleuropea non nutre alcun astio nei confronti del creato, bensì un timoroso, ossequioso rispetto. Non sono rari, infatti, i momenti in cui il Dott. Frankenstein si immerge nella natura per sancire un momentaneo distacco dalla vita sociale che tante ansie in lui ha prodotto; e ancora meno rari, se non esclusivi, sono i periodi che la sua creatura trascorre nei boschi, unico ambiente in cui ben riesce a destreggiarsi, per fuggire dal panico che tra le persone nasce in sua presenza. Ma la creatura, il mostro, come sovente viene definito, proprio come i bambini, nasce con animo casto; animo, però, a cui il corpo non è armonizzato, diversamente plasmato in maniera sostanziale rispetto alla forma dell'essere umano (il colore della pelle, le dimensioni, ecc.).

Il terrore del brutto che permea il romanzo di Mary Shelley è anche il terrore della diversità di quell'individuo a cui, di fatto, nessuno dà occasione di dimostrare la propria cordialità, pur gioendo del suo aiuto fino a che sia prestato in maniera anonima (cfr. Capitolo XII del romanzo Frankenstein ovvero il Prometeo moderno); esattamente in questo consiste il parallelismo con il mito di Prometeo, il titano benefattore che riportò agli umani il fuoco di cui Zeus li aveva privati e che, per questo, subì un'atroce punizione: fu incatenato ad una colonna e durante il giorno un'aquila gli mangiava il fegato che durante la notte sarebbe ricresciuto in modo che la stessa azione si ripetesse continuamente. È comunque diverso l'epilogo condiviso dai due soggetti, perché nessun Eracle libererà il Mostro dai suoi supplizi e nessun Zeus preferirà una riappacificazione con esso, ma tutti lo allontaneranno fino a spingerlo ad odiare il suo creatore che non ha saputo/voluto accudirlo, istruirlo ed inserirlo nel mondo. Non è difficile, a questo punto, scorgere un accenno polemico che accosta, con il pretesto della generazione scientifica, la procreazione sessuale a quella divina.
Quando l'uomo di scienza suppone di aver raggiunto una certa profondità intellettuale ed empirica (soprattutto grazie alle sperimentazioni e gli approfondimenti del galvanismo), ritiene di essere ormai totalmente scisso dagli impulsi animali soggetti, consciamente o meno, alla lotta per la sopravvivenza; dunque l'umano tenta la propria traslazione evolutiva da mortale a divinità (quindi immortale) passando prima dal concepimento di una nuova vita generata secondo regole da egli stesso stabilite, autosufficienti, non vincolate alla comune fecondazione sessuale – la quale essa stessa è da reputarsi alla stregua di un tentativo di immortalità, se si considera una specie come un singolo individuo che si perpetua per evitare la propria scomparsa. Il demiurgo in fase empiristica, però, riconoscendo nella propria sperimentazione un'evidente inadeguatezza alla conformità diffusa, l'abbandona, fugge da essa fallendo così il tentativo di incarnare un creatore più partecipe e sensibile di quel dio che ha abbandonato l'uomo al suo destino. Probabilmente leggere una diatriba contro la religiosità non è un'indiscrezione; è indubbio che Mary, nella sua formazione letteraria, subì l'influenza sia del padre agnostico William, che quella del marito ateo Percy il quale, riprendendo le argomentazioni appunto di William Godwin, nel 1811 diffuse un opuscolo, La necessità dell'ateismo, che gli costò addirittura l'espulsione dall'università. Oltretutto, il Mostro stesso, durante la lettura di Lost Paradise di J. Milton, tende ad identificarsi con Lucifero che, scacciato malamente dal Paradiso, dà adito ad un'ostilità eterna verso il suo dominatore. E cosa sarebbe l'ateismo se non la sete più estrema di libertà e indipendenza? E come adempiere tale sete se non fronteggiando il creatore/despota?

Per questo il Mostro, dopo essere sceso a patti col Dott. Frankenstein, il quale ha trasgredito l'accordo secondo cui avrebbe dovuto creare una compagna fatta ad immagine del primo, scatenerà la sua vendetta eliminando fisicamente ogni persona che sia sentimentalmente legata a colui che ha proclamato primo nemico. Infatti, se il Lucifero di Milton afferma che sia «Meglio regnare all'Inferno che servire in Paradiso», il mostro di Frankenstein sceglie di causare dolore al prossimo anziché soffrire esclusivamente del proprio. Quindi, quando si occuperà di assassinare il piccolo William Frankenstein, non si limiterà solo a consumare l'omicidio, ma preleverà un ciondolo dal corpo del bambino per depositarlo nelle tasche dell'ignara Justine, la balia che accudisce William, quando, la notte stessa del delitto, la troverà addormentata in un granaio; saranno poi le domestiche di casa Frankenstein a trovare l'oggetto in questione in possesso della giovane e non esiteranno a denunciarla alla polizia provocandone l'arresto da cui scaturirà l'esecuzione capitale. Quando il Mostro svelerà al dottore l'attuazione del suo subdolo piano, legittimerà la propria azione asserendo: «Il delitto, che avevo commesso perché sono privato di tutto ciò che lei [la bella Justine, N.d.R.] potrebbe darmi, lei lo avrebbe scontato. Il crimine in lei aveva origine; fosse sua anche la punizione!». È questo il fulcro della complessa psicologia del Mostro, divenuto massacratore in quanto ha dovuto reprimere la bontà di cui era colmo e che, proprio a causa degli impulsi dettatigli da quest'ultima, si toglierà infine la vita per non dispensare altri dolori nel mondo.
Alla fine nessuno è redento, non il Creatore, non la Creatura; e neppure l'autrice, che vedrà accadere a lei stessa le disgrazie che si erano abbattute sullo scienziato del suo romanzo, come se lo spirito del Mostro le avesse aleggiato attorno e si fosse vendicato della sua stessa nascita – sia pure solo letteraria – lasciando Mary orfana dei suoi più importanti affetti. Forse la linea che separa l'immaginazione dalla realtà è più sottile di quanto siamo disposti a credere e le intuizioni pervenuteci dal Romanticismo meriterebbero maggior riguardo.

Un chiarimento in breve
Il parallelismo con il mito di Prometeo è, a ragione, diffusamente attribuito alla figura dello scienziato; infatti tale mito fu reinterpretato e rielaborato da Ovidio nel suo Metamorfosi, il quale fece di Prometeo colui che dalla creta plasmò la razza umana. Al contrario, non ho mai considerato pertinente l'associazione del primo Prometeo (quello greco, di cui sopra) con Victor von Frankenstein, in quanto entrambi vivono sì tragedie, ma di diverso carattere.
Tuttavia, il fascino del titano ribelle alle prese con atroci peripezie è innegabile, dunque, anche a costo di scadere in errate esegesi o goffaggini ontologiche, ho preferito confrontare il Prometeo greco col mostro di Mary Shelley.
Del resto in origine questo testo era l'introduzione ad un mio manoscritto, quindi un po' di licenza poetica me la son concessa. Ciò può spiegare anche perché una sorta di recensione debba apparire tanto romanzata.

domenica 14 agosto 2011

In breve #9 - "Dio arricchisce i suoi prescelti..."

Paolo Guzzanti*: Come è facile (e banale) la crociata contro i ricchi.

Quando mandare a fanculo i fan di dio diviene una necessità.

* che maiuscole non meriterebbe, ma per rispetto del figlio Corrado comunque uso.

martedì 28 giugno 2011

Pygmy Lush - Old Friends (2011) ovvero come la musica sia giustamente soggetta ad evoluzione


La prima volta che sentii musica screamo (credo circa tre anni fa), non ricordo che gruppo fosse, ma ricordo il disappunto che suscitò in me. “Non è musica, questa” affermavo forte dei Napalm Death di Scum e From Enslavement to Obliteration. Un po' alla volta, forse per deridere il genere, forse per sfidare il mio apparato uditivo, cominciavo ad incrementare gli ascolti verso questa direzione ed imparavo di stare sbagliando quando, platonicamente, incontrai La Quiete – “che non vuol dire calma, relax [cit.]” - e l'amore mi pervase. Presto seguirono Saetia, Orchid quindi Ampere, Loma Prieta, Funeral Diner fino a trovare i capostipiti One Eyed God Prophecy, Union of Uranus, ecc... Procedendo per gradi, insomma, e avendo scoperto quanto tutto ciò mi strizzava l'occhio svelando siffatta congenialità, sono diventato un vero appassionato del genere, tant'è che oggi concedo molto meno spazio all'hc che un tempo troneggiava fiero ed indiscusso nei miei padiglioni auricolari.
Molto recente è stato l'approccio ai Pg.99, screamo band massiccia con pesanti influenze metal che, scioltasi, ha lasciato convergere alcuni dei componenti verso i Pygmy Lush, questi ultimi esorditi nel 2007 con un disco decisamente anticonvenzionale in cui alternavano pezzi di caotico post-hardcore a pezzi indie-folk che inducono ad una molto gradevole destabilizzazione dell'ascolto. Il 2008 i Pygmy Lush lo consacrarono all'indie-folk buttando fuori Mount Hope: album imperdibile per conciliarsi col proprio universo interiore.
Nel 2009, in uno split con le Turboslut, i PL rispolverarono caos e distorsori riproponendo l'alternanza di situazioni già vista due anni prima. Ma nel 2011, con Old Friends, sono tornati ad accarezzare gli strumenti sussurrando di atmosfere più intime e cupe (Penny On My Deathbed), come se fosse il risultato dell'estremizzazione dello screamo. Ecco che tutto si ricollega.
In definitiva, sono rimasto così piacevolmente colpito dai PL che ultimamente fatico a non ascoltarli e trovo ingiusto fingere di ignorarli, inoltre mi hanno anche spinto a risentire altri album folk che avevo da anni ma che tuttavia un po' snobbavo.
Senza evoluzione non c'è vita: la prossima volta che un vecchio babbione dirà che i Beatles o i Pink Floyd sono il miglior gruppo di sempre, gli tirerò un pugno sul grugno senza aggiungere altro. E a chi dirà che Jimi Hendrix sia il miglior chitarrista di tutti i tempi succederà lo stesso. Anche voi fareste bene a seguirmi negli intenti perché, se ci attachiamo a certe stronzate, allora nessun altro avrebbe dovuto fare musica dopo la morte di Mozart.


Old Friends Tracklist:

01. Yellow Hall 04:06
02. Chance 03:42
03. Good Dirt 04:20
04. In A Well 02:41
05. Night At The Johnstown Flood 02:53
06. I'll Wait With You 05:30
07. Penny On My Deathbed 03:04
08. A Weird Glow 02:16
09. Admit 03:02
10. Old Friends 04:07
11. January Song 02:39
12. Pals 07:09

venerdì 10 giugno 2011

Dei quesiti refendari


Da N mesi si fa gran parlare del referendum del 12/13 giugno: si fa, non si fa perché non si fa più neanche il nucleare, no invece si fa, cercano di disinformare la massa affinché non si raggiunga il quorum, forse non si fa di nuovo, eh no ho detto che invece si fa quante volte devo dirlo.
Non so da dove sia giunta la fobia del boicottaggio del referendum, probabilmente la TV ha denunciato la disinformazione di cui è artefice, così tra un quiz e un reality la gente si è svegliata ascoltando la voce della controinformazione. Magari è stato il Gabibbo. Sì... Fatto sta che l'allarme ha raggiunto praticamente ogni fascia d'età. Alla faccia del boicottaggio!
Innanzi tutto, specifichiamo che l'unica cosa che desti una reale preoccupazione sia la privatizzazione dell'acqua, perché 1) gli impianti nucleari ora che saranno pronti all'uso (ammesso che non sia solo una truffa legata agli appalti), per l'epoca saranno inutilizzabili a causa della scomparsa dell'uranio o - più probabilmente - del suo costo mastodontico, 2) il legittimo impedimento serve solo a farci credere che noi abbiamo un potere sul futuro del premier (uno qualunque, non Lui) e della classe politica, e la cosa fa ridere di per sé visto che per essere al di sopra della legge NON serve una legge... questione di semantica, mica altro!
L'unica cosa che dunque vale la pena sapere, è che il passo della privatizzazione dell'acqua è previsto non (solo) da Berlusconi, non (solo) dal centro-destra (o sinistra, che è uguale), ma più generalmente dall'Unione Europea [Fonte], la quale non prevede l'utilizzo di strumenti referendari che influiscano sulle decisioni politiche ed economiche della società (la nostra vita, insomma).
Cosa aggiungere a questo punto? Cosa posso dire? Non andate a votare?
Andateci, invece. Basta esser coscienti dell'inutilità dell'atto se non in qualità simbolica.
"Partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri", lui cantava.



P.s. Lo sapevate che "Titì titì" è il verso utilizzato per richiamare le galline nella cultura rurale calabrese? Non aggiungo altro.