Di recente ho guardato Marie Antoinette di Sofia Coppola (dite quel che vi pare... per me è proprio fica!). E per carità, il film l'ho trovato tutto sommato gradevole, anche se noioso a tratti. La fotografia luminosa, prevalentemente poco contrastata e ricca di colori dalle tonalità pastello, immerge lo spettatore in un mondo delicato ed innocente anche quando un'Antonietta allupata si porta in camera un soldato svedese con cui ha flirtato spudoratamente, sotto al naso di una decina di testimoni oculari, nel rifugio (vedi anche "villa di campagna") regalatogli dal marito re Luigi XVI. Tuttavia non c'è malizia neppure nel tradimento, neanche nella mania del gioco d'azzardo; per tutto il film assistiamo, scena dopo scena, alla vita di una ricca ragazzina alle prese con le avventure offerte dall'ultimo modello di scarpe e dalle pettinature eccessivamente alte degnamente interpretata dalla non-bella-in-senso-universale-ma-comunque-assolutamente-fica Kristen Dunst, gia presente in Il giardino delle vergini suicide.
Dio mio (per dire, eh!), io non ci credo che possa esistere un film così tanto vuoto di contenuti. Ho provato a cercare un senso più profondo ed ho analizzato in particolare due possibilità:
1. Sofia voleva evidenziare il menefreghismo degli aristocratici a danno della popolazione che rischiava letteralmente di morire di fame per l'aumento del prezzo del pane, causato dall'inflazione che colpì la Francia, in seguito alle discutibili scelte di politica estera sostenute da un ingenuo, incapace ed infantile re.
2. Sofia voleva evidenziare un destino crudele che aveva colpito due giovani ignari, fortunati sì perché viveno nel lusso più sfrenato, ma condannati ad un destino infausto scaturito da una precoce morte di Luigi XV.
Niente, non c'è verso. Nessuna delle due ipotesi regge: nel primo caso la teoria è risibile in quanto Sofia il popolo non se l'è filato neppure di striscio e, l'unica volta che è apparso, è stato incomprensibilmente rappresentato come un'orda di barbari spietati assetati di sangue; la seconda teoria è invece lontanissima dal senso reale del film perché, per tutta la sua durata, i personaggi non fanno altro che partecipare a feste, scopare, ubriacarsi, giocare d'azzardo, considerando anche che la storia finisce (fin troppo frettolosamente, quasi troncata nel mezzo di uno scambio di frasi) prima del processo e dell'impiccagione dei regnanti, quindi la tragicità è prossima allo zero.
L'avete visto The strangers? Altra pellicola priva di qualunque senso che ha l'unico scopo (indubbiamente raggiunto) di far restare teso lo spettatore lungo l'intera sua durata e mostrare una crudeltà immotivata, ma dal risultato affatto gratuito.
È forse questa l'ottica giusta da seguire per giudicare appropriatamente Marie Antoinette. Il suo fine è quello di trascinare lo spettatore in un mondo poco più che adolescienziale ma senza demenzialità in eccesso, come Chagall dipingeva soggetti apparentemente infantili per scappare dagli orrori del suo tempo.
In definitiva, nonostante alcune scelte discutibili e un montaggio a tratti confuso nella primissima parte del lungometraggio, il fruitore ha la possibilità di appartenere ad un mondo caratterizzato dalla frivolezza di cui la sfarzosa aristocrazia della Francia immediatamente pre-rivoluzionaria si fa portavoce.
E questo è tutto, forse.
Prima di bruciare vivo il geniale e profondo Vanini, gli strapparono la lingua, perché egli, con essa, aveva bestemmiato Dio. Confesso che, quando leggo simili cose, mi vien voglia di bestemmiare questo Dio. Arthur Schopenhauer
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