Il 14 novembre c'è stato un evento gaio: il concerto degli Ulan Bator. Ma prima di tutto è d'obbligo riportare un aneddoto.
Sono le 21.30, il concerto inizia alle 22.30 ma abbiamo preferito anticiparci perché non si sa mai. Lo spettacolo trova pubblico in quel di Bassano, allo Shindy. Tutto dire...
In principio preferiamo stare in parcheggio a bere birra che non costa 5 (e dico cinque!) euro per 33 cl. e a fumare una sigaretta dopo l'altra, ma fa freddo, quindi ad una certa ora decidiamo di entrare e paghiamo 12 euro invece dei 10 pubblicizzati. Ma va be', dopotutto sono gli Ulan e anche se il locale mi sta sul cazzo me lo faccio andare bene.
Alle 10.30, inutile dirlo, il palco non ha l'aria di un palco che sta per essere calpestato da qualche musicista. Niente, si aspetta.
Ed è proprio nell'aspettare che l'aneddoto si sviluppa. Andiamo a sederci sui divani piuttosto seccati per il ritardo; di fronte a noi ci sono una candela prossima all'esaurirsi e dei volantini di feste che si svolgeranno prossimamente su cui vedo profanata la copertina di Unknown Pleasures dei Joy Division; più a sinistra, invece, ci sono tre ragazzi e una ragazza. Tra odore di cibo, puzza di candela e noia, ci cimentiamo nell'arte degli origami usando i biglietti del locale e continuiamo a sparare insulti verso i frequentatori del posto. Intanto sentiamo quelli sulla nostra sinistra parlare un mix di lingue composto da inglese, francese e un po' di italiano.
Il tempo passa, la pazienza cede, il fumo della candela mi nausea. Senza rifletterci la spengo incrementando l'emissione di fumo, quindi la puzza. Quelli a sinistra mi lanciano un'occhiataccia. Usciamo a fumare.
Il concerto inizia con quasi due ore di ritardo e, come se non bastasse, sul palco c'è un gruppo spalla. Ora voglio dire che ok, è giusto far conoscere le bands minori, ma sul palco ci stavano i Muletta: mai visti né sentiti prima. E dire che non sia stata una sorpresa non si può; ciò che si può dire, invece, è che i Muletta fanno terribilmente cacare. Si faticava a distinguere una canzone dall'altra, in quanto tutte le loro canzoni (per fortuna poche, ma mai abbastanza) sono composte da continui la re sol e do, forse qualche mi o fa, e la nenia è sempre quella e i testi sono ridicoli, patetici, vuoti e ripetitivi. Quando poi afferri che pensano di essere sulla linea de Le Luci della Centrale Elettrica o Rino Gaetano... beh, ti viene da sputargli addosso, loro e quel lo-fi emotivo-espressivo che i personaggi prima citati non riescono neppure a sognarli di notte. E quì colgo l'occasione per promuovere una petizione che costringa i Muletta a smettere di suonare per salvaguardare le palle dell'eventuale loro pubblico. Partecipate, o voi amanti della musica con la emme maiuscola. Partecipate!
Detto questo, ché era di dovere, prosegiuamo.
Venti minuti di indecenza acustica e, dopo una pausa piuttosto lunga, sul palco salgono gli Ulan Bator. Li guardiamo e riconosciamo quelli che, sul divano, stavano alla nostra sinistra. Cosa posso dire se non: io ascolto la musica, mica guardo le facce. Tant'è che ho avuto l'occasione di infastidirli col fumo della candela, me ne vanto e ne faccio bagaglio personale!
Il concerto è stato stupendo: post-rock coi controcazzi. Il bassista è un animale da palcoscenico, il batterista una macchina dalla precisione svizzera e il cantante-chitarrista-tastierista di una serietà tipica dell'adulto composto che compensa i salti e i movimenti scimmieschi del bassista.
Un concerto Tête-à-tête, di nicchia, si potrebbe dire.
L'unico aspetto negativo è lo schifosissimo impianto del locale che ti fa uscire coi fischi alle orecchie. Ma va be', è un prezzo che ho pagato volentieri.
Prima di bruciare vivo il geniale e profondo Vanini, gli strapparono la lingua, perché egli, con essa, aveva bestemmiato Dio. Confesso che, quando leggo simili cose, mi vien voglia di bestemmiare questo Dio. Arthur Schopenhauer
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